GLI EBREI AL GIORNO D'OGGI
di Vanja Serra |
Finita la seconda guerra mondiale, e fatto il tragico bilancio delle
perdite, risultano assenti 8 mila ebrei italiani, massacrati con gli
altri 6 milioni di fratelli dalla furia omicida nazista. Molte storiche
Comunità italiane sono scomparse, o in via di estinzione; ma sull’altra
sponda del Mediterraneo, in Palestina, nuove colonie vengono fondate; e
combattono contro il deserto anche “pionieri” nati in Italia.
L’ebraismo italiano si fa onore nel risorto Stato d’Israele, e dà il suo
valido contributo per consolidare la giovane nazione in pieno sviluppo.
Le Comunità italiane si sono riorganizzate, anche con l’aiuto dei
fratelli d’America; hanno ricostruito le sinagoghe devastate dai
fascisti o distrutte dai bombardamenti; all’esterno delle sinagoghe o
nei cimiteri ebraici sono state poste le lapidi col triste elenco delle
vittime della deportazione. Si sono aperte nuove scuole ebraiche e
qualcuna, come Milano, è stata notevolmente ingrandita. La gioventù
ebraica ha una preparazione migliore di quella avuta dalla generazione
passata: nelle scuole ebraiche si studia l’ebraico moderno.
Il numero degli Ebrei italiani è diminuito in seguito a emigrazioni,
defezioni, deportazioni, e per la perdita delle colonie (ora sono circa
35 mila). Ma con le libertà civili avanza l’assimilazione: sono
frequenti i matrimoni misti specialmente a Trieste (città che ha la più
alta percentuale di matrimoni misti di tutto il mondo).
Le Comunità, non più centri di vita ebraica e di studi, diventano un po’
alla volta delle semplici istituzioni di beneficenza. Circola un motto
di spirito, che però rispecchia una triste realtà: "Israelita è un
italiano che non va a messa la domenica" e qualcuno ha rilevato anche:
"È triste incontrare uomini che portano illustri nomi ebraici e sono
completamente digiuni di cultura ebraica". Forse è a causa
dell’indifferenza religiosa seguita all’emancipazione che il "giudaismo
riformato" non trova seguaci in Italia.
Col sorgere in Italia del movimento sionistico c’è un ritorno agli studi
ebraici, per lo meno in qualche ambiente. Sebbene il primo gruppo
sionistico sia stato fondato a Modena nel 1901; sebbene anche Ancona
abbia una società ebraica di leggera tendenza sionista e Trieste abbia
fondato un gruppo sionistico nel 1903, che però venne disertato o
addirittura ignorato del tutto dai patrioti triestini, si può ritenere
che i primi sionisti italiani siano toscani, perché Firenze diventò il
centro del nuovo movimento.
Gli ebrei triestini eccellono non solo nel campo delle lettere e delle
scienze, ma si distinguono anche come patrioti. Questo loro
atteggiamento si accentuò quando, entrato il Veneto a far parte
dell’Italia, Trieste rimase isolata, senza un’Università italiana e la
comunità ebraica, divisa dalle altre del Regno, si fa protagonista
dell’irredentismo . Gli Ebrei triestini, che a cavallo dei due secoli
XIX e XX sono oltre cinquemila, pur essendo in gran parte di origine
straniera, combattono in prima linea nella lotta irredentistica per le
stesse ragioni per cui gli Ebrei italiani hanno preso parte alle lotte
risorgimentali.
Dopo la prima guerra mondiale, le Comunità della Venezia Giulia si
aggiungono alle altre del Regno d’Italia. Quella di Trieste è per
popolazione la terza d’Italia. Continua a mantenere un posto importante
fra le Comunità israelitiche italiane quella di Livorno, sebbene molti
ebrei livornesi emigrino a Tunisi e ad Alessandria d’Egitto. |
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