CENNI STORICI SULL'EBRAISMO
di Francesca Spazzali |
|
La caratteristica fondamentale della
religione ebraica è il monoteismo concepito nel modo più rigido e
applicato alla vita morale.
L’alleanza tra il popolo e Dio si stabilizza con la figura di David,
perché dalla sua stirpe nascerà il Messia.
A controllare che la parola di Dio venga seguita ci sono i profeti,
ovvero i continuatori dell’opera di Mosè che tendono ad interiorizzare
l’ebraismo e farlo divenire alimento vivo nell’anima dei fedeli, perché
non venga meno il patto con Jahvèh; sorti in momenti di crisi del popolo
ebraico, hanno il compito di mettere l’accento sulle virtù morali
individuando in esse la forza.
Ed è così che, durante la deportazione in Babilonia, il popolo di
Israele resterà fedele al suo Dio, e ai sacrifici sostituirà lo studio
della Legge.
Il centro del culto è il tabernacolo che racchiude l’Arca dell’alleanza,
ovvero la dimora di Dio in mezzo al popolo; il tabernacolo seguì Israele
durante la sua vita mobile, dopo l’arrivo nella terra promessa soggiornò
in vari luoghi ed infine David lo portò a Gerusalemme. Il tempio di
Gerusalemme, fatto costruire da Salomone, divenne luogo di culto
legittimo.
Nell’epoca dei patriarchi le mansioni sacerdotali erano compiute dai
capi famiglia solo più avanti subentrò il sacerdozio.
I sacerdoti fungevano da mediatori tra Dio e gli uomini, ma col tempo la
funzione che svolgevano si modificò: in antichità il loro compito era
quello di concordare gli oracoli, dovevano istruire il popolo spiegando
la Torah e fare sacrifici, infatti l’atto centrale del culto era
costituito dai sacrifici, che erano di due tipi. Nei sacrifici di pace
una parte, quella del Signore, veniva bruciata sull’altare, una seconda
spettava al sacerdote ed una terza all’offrente, poi vi erano offerte di
cibo e incenso. Tutte le offerte erano accompagnate da preghiere.
Per gli ebrei il sabato, il giorno dedicato al signore, aveva un
importanza capitale a ricordo del segno di alleanza tra Dio ed il
popolo; in questa giornata era obbligato il riposo assoluto.
Con l’insediamento nella terra di Canaan gli ebrei adottarono il
calendario festivo locale di carattere agricolo dando alle feste
un’interpretazione commemorativa.
L’anno si divideva in due parti che iniziavano rispettivamente con la
Pasqua per ricordare la liberazione dall’Egitto e con la festa “delle
capanne”. Ogni sette anni cadeva l’anno sabatico, durante il quale i
campi erano lasciati al riposo ed ogni cinquanta anni c’era l’anno
giubilare.
Col tempo, accanto alla legge scritta, si sviluppò una tradizione che
interpretava in parte la legge e raccoglieva costumanze formatesi di
conseguenza alla scrittura.
A questa tradizione favorirono i Farisei che si opponevano ai sacerdoti
operando costantemente adattamenti alle prescrizioni legali al mutare
delle circostanze.
Un vero gruppo a parte era formato dagli Esseni che vivevano in
monasteri e seguivano leggi molto rigide.
Con la dispersione degli ebrei in tutto il mondo cominciarono a sorgere,
nei paesi che li ospitavano, sinagoghe e scuole in modo da poter
mantenere vivo il loro credo.
Le sinagoghe ebbero particolare importanza dopo la distruzione di
Gerusalemme, infatti divennero il centro del culto ebraico.
Fu difficile per l’ebraismo trovare collocazione nei paesi europei, ma
la diaspora aveva radici profonde e diversi gruppi seppero conservare le
loro caratteristiche sociali.
Tanta vitalità fu la molla che mosse questo popolo a costruire il nuovo
stato di Israele e a dare alla religione l’antico tempio dei suoi padri.
Bibliografia: Enciclopedia De Agostini |