Questa prima unità didattica è destinata a delineare i caratteri
salienti della parodia, che andrà intesa sia come imitazione e rovesciamento di
un’opera o di un genere, secondo un intento canzonatorio o polemico, sia pure
come dialogo tra le opere, ovvero “un caso estremo di intertestualità”,
(a) il
quale apre al confronto tra prospettive diverse, a un conflitto che sa farsi
costruttivo, così schiudendo alla creazione del nuovo.
Ne offre esempio il brano di Cenne (Bencivenni) de la Chitarra
(b), giullare
aretino vissuto nella prima metà del XIV secolo, il quale traslittera in enueg
il plazer di Folgóre (Splendore) da San Gimignano, suo contemporaneo. In tal
modo l’elenco di piaceri auspicabili per il mese di gennaio, che ricama immagini
di natura e di vita cortese, si traduce, nel sonetto di Cenne, in un elenco di
fatti noiosi e spiacevoli, creando un rovesciamento burlesco dell’originale.
Il testo di Swift
(c), attraverso un salto temporale che porta al XVIII secolo,
permetterà di osservare come la parodia sia un genere che percorre la
letteratura nei secoli, e costituisca un fenomeno che accomuna la produzione
italiana a quella straniera.
Ancora nel ’700 in tutta Europa conservava il suo predominio il codice d’amore
petrarchesco, del quale l’antipetrarchismo era il secolare contrappunto. In
questa direzione si pone Lo spogliatoio della signora, un brano swiftiano che
traccia un quadro grottesco e antilirico della figura dell’amata, in polemica
con l’artificiosità del petrarchismo deteriore, con i suoi apici di astrazione e
di vuota stereotipia. Per questa via Swift ne rileva i limiti, e nel contempo
dimostra come l’archetipo costituito dal Canzoniere possieda qualità
inattaccabili: proprio la parodia evidenzia il pregio indistruttibile di
Petrarca, il quale resiste al petrarchismo come anche al suo opposto. La parodia
interessa non solo la letteratura, ma ogni ambito dell’arte e della vita: le due
contraffazioni della Gioconda (d)
innestano accanto al percorso fra i testi, un
diverso linguaggio artistico, il codice visivo delle immagini.
Duchamp fa il
verso al capolavoro di Leonardo da Vinci risvegliando l’opinione corrente dalla
passività acritica e sollecitandola a confrontarsi con la complessità del reale.
Le trenta Monna Lisa di Warhol possono intendersi quale invito alla riflessione
di fronte alla mercificazione dell’arte, ovvero dinnanzi a quel fenomeno che
Benjamin definiva la “riproducibilità tecnica” dell’opera d’arte, lievitata
nell’età contemporanea e suggellata dalla cultura di massa. Entrambi le opere
dei due pittori esortano inoltre a domandarsi se i classici dell’arte sappiano
ancora parlare all’uomo moderno e catturarne l’attenzione.
(a)
L. Chines e C. Varotti, Che cos’è un testo
letterario, Roma, Carocci, 2001, pag. 19.
(b) Cenne de la Chitarra, [Gennaio], prima metà del XIV secolo, in G. Contini (a
cura di), "Letteratura italiana delle origini”, Firenze, Sansoni, 1970, pag. 123
(c) Jonathan Swift, Lo spogliatoio della signora (The lady’s dressing room), in
J. Swift, Opere scelte, a cura di Masolino D’Amico, Milano, Arnoldo Mondadori,
‘I Meridiani’, 1995, pp. 1083-1091
(d) Marcel Duchamp, LHOOQ, 1919 - Andy Warhol, Mona Lisa, 1963
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