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DIARIO DI VIAGGIO di Camilla Nichetti

 

 

Wow che felicità si va a Marano! (retorico) Non che abbia molta voglia di fare una lezione sugli uccelli che possono abitare in una laguna. Ma va beh! L'hanno fatto tutte le sperimentali di scienze, lo potrò fare anch'io. La mattina inizia proprio bene. Non mi ricordavo a che ora ci si dovesse trovare davanti all'ippodromo. Dopo varie ipotesi, che mi sono fatta da sola, ho optato per le 7.35. Incredibile era quasi giusto, l'appuntamento era alle sette e mezza. Arrivata al pullman c'erano quasi tutti al che un dilemma mi assale. Oh no un altro! Bisognava mettersi le pedule? Risposta affermativa purtroppo. Ma io non voglio indossare le mie scarpe che sembrano provenire direttamente dalla seconda guerra mondiale. Non è che veda l'ora di mettermi ai piedi quelle bellissime calzature marroni, ma o così o mi bagnerò i piedi visto che è prevista pioggia. Sono le otto, finalmente saliamo sul pullman, naturalmente non possiamo portarci dietro lo zaino, dobbiamo lasciarlo nel porta bagagli. Si parte!! Beh guardiamo il lato positivo della cosa possiamo almeno parlare. Passa abbastanza tempo e guardando fuori dal finestrino, indovinate cosa si vede? Ma Trieste, la nostra adorata città. Com'è possibile?!? Siamo in pieno centro. Siamo in Largo Barriera incastrati in un ingorgo. Mezz'ora per fare un chilometro. In molti abbiamo pensato che forse sarebbe stato meglio fare le "alte". Ma sarà vero? Io non giro molto in auto per cui non ne ho la più pallida idea.
Senza macchina fotografica non si va da nessuna parte ed io l'ho portata, per cui incomincio a fare foto. Mi piace 'catturare' la gente, ma non sono molto brava come fotografa (poi non potendo muovermi liberamente sono venute tutte dalla stessa angolazione).
Siamo arrivati a Marano. Bisogna fare un tratto a piedi prima de entrare nella riserva e cosa c'è vicino a quest'ultima? Una bellissima fabbrica che sembra abbandonata ed invece no! È soltanto tenuta male. Ci fanno entrare nel parco protetto e ci conducono in un casone. Qui una guida incomincia a parlare per circa mezz'ora sulla laguna, sulle sue origini e sui suoi abitanti. Finita questa introduzione facciamo la "passeggiata sull'acqua". Un ponticello di 100 metri. La guida ci ha portati fino a metà di questo, poi ha iniziato con le spiegazioni. Il bello era che però questo ponticello aveva la caratteristica di essere anche stretto, per cui chi era lontano dalla guida non era in grado di sentire che poche parole di un intero discorso. Siamo usciti dalla riserva e ci siamo diretti verso. il traghetto. Finalmente inizia il divertimento. La barca ha due piani. Uno sotto e uno sopra, il primo era bello caldo senza il vento che ti sferzava il viso, il secondo era lasciato alla furia del tempo. Io senza neanche pensarci su due volte ho preferito recarmi ai piani alti. Era così forte, c'era perfino una scaletta carina carina. L'imbarcazione ha iniziato a solcare l'acqua salmastra e io piano piano ho incominciato a trasformarmi in un ghiacciolo. Ad un certo punto sentiamo una voce. Era il capitano che stava parlando, anche se non si capiva da dove stesse parlando. Si è presentato. Ha detto di chiamarsi Adriano. Tornando a noi, era troppo divertente stare in alto con i gabbiani che ci inseguivano per un tozzo di pane. Anche qui immancabilmente ho iniziato a far foto. Intanto la guida, mentre navigavamo ci mostrava degli uccelli. C'era il cormorano che si asciugava le penne che non sono impermeabili come molti altri uccelli, c'erano gli svassi e addirittura delle aquile di laguna. Quest'ultime dovevano essere super rare ma ne abbiamo viste cinque o sei a distanza ridotta. Erano tutte vicinissime. Ad un certo punto Sara che stava al calduccio con Fra e Lo' si è degnata a salire e il capitano dopo un po' l'ha chiamata e le ha fatto guidare la barca. Era lei con un capello troppo simpatico che cercava di farci andare alla deriva e farci incagliare nelle 'foreste' di canneti. Io volevo tornare a casa sana e salva!!!!!! Durante il viaggio il comandante ha insegnato a più di una persona a governare la barca. Faidiga ha guidato senza problemi e qualcuno ha fatto notare che questo era possibile solo perché stavamo seguendo un rettilineo e non c'erano curve nelle vicinanze. Dopo non so quanto tempo siamo arrivati ai famosi casoni. Li conoscevamo bene perché ne avevamo parlato in classe con la prof. di italiano. Qui, Adriano ha cominciato a parlare di questi e noi ci siamo sbellicati dalle risate, soprattutto quando c'ha detto che se avessimo vinto alla lotteria non avremmo potuto comprare un casone perché sono solo ereditabili da padre in figlio (il mio pensiero forse non sarà molto bello, ma scusate, chi, se vince la lotteria va a comprare un casone?). Poi ci ha domandato come mai la gente non abitava più in queste costruzioni e Marcello ha risposto che era forse erano morti tutti soffocati dato che la cappa non tirava su il fumo prodotto dal fuoco. Se poneva delle domande, prima della risposta ci chiedeva il nostro nome e se poteva scherzava con noi. Al che ha posto una domanda a me con il relativo: "Come ti chiami?". Io molto gentilmente ho chiesto se potevo scherzare anch'io e gli ho risposto Asdrubala. Era una battuta capibile solamente da noi ragazzi della 2D e una professoressa. Inoltre dopo che mi ha fatto la domanda ho risposto anche giusto (circa) e il simpatico personaggio ha detto che dovevo essere una ripetente. Molto cortese. Siamo andati avanti con la spiegazione per tre quarti d'ora, penso, poi per cinque minuti ha parlato di nuovo la guida e alla fine ci ha augurato buon pranzo. Il capitano è sparito per un po' ed è tornato con dei pesci. Non so né che pesci fossero né come fossero stati cucinati, so solo che erano buonissimi. E lo dice una a cui il pesce non piace particolarmente. Era fantastico! Voglio ancora quel pesce! Hanno anche dato una chitarra a Monica che ha suonato per poco, probabilmente o non aveva voglia o si vergognava, ma sta di fatto che chi ha suonato alla fine è stato il capitano. E noi abbiamo cantato. Come mi piace cantare! Eravamo quaranta ragazzi che, chi più chi meno, urlavamo i testi delle canzoni. Ci siamo dimenticati di chieder anche i poster che la professoressa ci aveva raccomandato di prendere, cioè ce ne siamo ricordati, poi abbiamo detto glielo chiediamo dopo e il dopo non è arrivato. Infatti al ritorno io sono andata all'aperto a prendere la pioggia. Strano che non ci siamo beccati tutti una bronco polmonite, visto che non ero l'unica a stare sotto l'acqua che cadeva a dirotto. Abbiamo messo su della musica che alcuni di noi avevano portato. Adriano ci ha poi chiamati in coperta e qui ha improvvisato una pseudo discoteca. Ha messo della musica e noi abbiamo incominciato a ballare, perfino Sara ha fatto il trenino! Eravamo in quaranta in una stanzetta di tre metri per quattro che ci dimenavamo. Alla fine siamo ritornati al pullman e abbiamo fatto ritorno verso casa.
Home sweet home!