LA FROLLATURA

Prima di essere consumata la selvaggina necessita di un periodo di frollatura (più o meno lungo secondo la specie e l'età dell'animale) che rende la carne più tenera e aromatica. Il sapore della carne diviene più marcato grazie all'azione di alcuni microorganismi normalmente presenti nell'intestino. Questi, durante la frollatura, invadono gli altri tessuti decomponendone le proteine strutturali con la formazione di sostanze che, se si prolunga eccessivamente l'operazione, diventano tossiche (diffidate quindi delle carni troppo frollate). In passato la frollatura era sovente portata ai limiti dei processi putrefattivi, tanto che il noto gastronomo Grimod de La Revniere (XVIII sec.) sosteneva che "un fagiano ucciso il martedì grasso é pronto per essere mangiato il giorno di Pasqua".

IL CONSIGLIO PER FROLLARE

Per frollare un capo di selvaggina dovete come prima cosa eviscerare l'animale; quindi appenderlo in un luogo fresco e ventilato o, in mancanza di questo, in frigorifero, per le zampe posteriori nel caso di selvaggina di pelo, per il collo se si tratta di selvaggina di penna, che inoltre va avvolta in un telo sottile; e lasciarla in questa posizione per il tempo necessario. A titolo indicativo, ricordate che occorrono circa 4 giorni per la beccaccia o il fagiano, 3 per l'anatra selvatica e il tordo, 2 per la lepre e la pernice e una settimana per i grossi esemplari di pelo. I volatili di piccole dimensioni si mangiano invece "sulla Punta del fucile", cioé subito. In ogni caso, l'animale va scuoiato o spiumato solo al momento dell'utilizzo; inoltre, alcuni volatili ( tordo e beccaccia ) non devono essere eviscerati: il loro apparato digerente si trasforma durante la cottura in una sorta di paté dal sapore pungente, da spalmare su fette di pane di mais e accompagnare all'animale arrostito.

COME CUOCERE LA SELVAGGINA

La grossa selvaggina di pelo ha gli stessi tagli e le relative modalità di cottura degli animali da macello, con l'unica differenza che la carne viene sovente marinata prima di essere cotta. Così, selle, cosce e carré sono indicati per la cottura arrosto, in forno o nello spiedo; addome, petto, spalla e collo si preparano in umido e in salmì; infine, costolette e cotolette si cucinano in padella o sulla griglia. La selvaggina di penna si presta invece alle stesse tecniche di cottura del pollame. Per esaltare il sapore della carne scura é consigliabile accompagnare la preparazione a una salsa o una composta dolce a base di frutta (mirtilli, uva, mele, castagne, prugne). E' bene, inoltre, servire la selvaggina con una salsa molto sapida (Perigueux, Cumberland, peverata, grandveneur). Terrine e paté completano la cucina della selvaggina, oggi più consumata di un tempo grazie anche alla congelazione e alla surgelazione che ne consentono la distribuzione durante tutto l'arco dell'anno.


Selvaggina

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