Un dono che gli esseri umani apprezzano di
più è la libertà, che purtroppo molti musulmani hanno perso a causa della
loro incapacità di comprendere e seguire l’Islam. Nell’Islam si può notare
che la libertà è un diritto che Dio ha concesso ad ogni individuo, il quale
ha il diritto di scegliere la sua fede; questo diritto, inoltre, è sancito
dal Corano, che è il libro sacro dei Musulmani, fonte della rivelazione
divina. Un altro aspetto della libertà islamica consiste nella sua capacità
di purificare la personalità, ovvero l’anima; l’elevazione dell’anima e lo
sviluppo della moralità sono collegate alla libertà individuale nello
scegliere il bene e saperlo distinguere dal male. La libertà è quindi
strettamente correlata alla fede.
Anche se nell’Islam viene toccato molto spesso il tema della libertà
individuale, in verità, soprattutto per quanto riguarda le donne musulmane,
i fatti a volte dimostrano il contrario. Infatti, a pochi passi dal Medio
Oriente, le donne afgane vivono senza diritti e senza tutele, private di
ogni diritto civile e forma di libertà:
queste donne sono prigioniere del burka, ovvero il velo che le copre completamente, e non possono frequentare
né le scuole né l’università, essendo quindi escluse da qualsiasi forma di
cultura. Non è loro consentito nemmeno camminare per la strada se non
accompagnate dal marito che ha su di loro sia il potere di vita che di
morte; in casi di emergenza i medici non possono avere contatti con il corpo
delle donne che sono perciò obbligate a rivolgersi ad altre donne anche solo
per un’iniezione. Gli uomini, in genere, possonoanche scegliere di lapidare
o malmenare una donna, spesso a morte, se osa mostrare solo un centimentro
di pelle dal burka; questa copertura può essere tolta solo all’interno della
propria abitazione ma rimane ugualmente una privazione della propria
identità, della libertà di gestire la propria vita senza imposizioni o
proibizioni.
Molte volte è stato messo in discussione il problema del “velo islamico” che
fino a ieri sembrava una realtà lontana da noi ma che ora è vicina. È
necessario però fare una considerazione: la decisione di portare il velo può
essere tollerata se lo richiede la religione nel Corano, quindi se le donne
vogliono fare un atto di fede sono liberissime di farlo, ma questo non può
venir imposto con delle sanzioni. In realtà molte persone credono che
indossare il burka costringa le donne islamiche ad una prigionia ambulante e
che portarlo non possa essere il frutto di una vera e propria libera scelta.
Inoltre adottare volontariamente questi indumenti , in realtà, deriva dal
condizionamento delle tradizioni e della religione, cose che non si scelgono
ma si ereditano volontariamente o no dal contesto familiare in cui ci si
ritrova a vivere.
Per quanto riguarda l’11 settembre 2001, questa giornata ha spezzato
qualcosa anche nella convivenza tra italiani e immigrati islamici; alla base
di questo tema c’è anche il disagio, tra le musulmane, nell’affrontare
sguardi dalla diffidenza nuova, nel ricevere insulti da persone sconosciute.
A volte, queste musulmane non riescono a trovare la pace neppure in un paese
straniero (soprattutto dopo il crollo delle Torri Gemelle), dove speravano
di poter iniziare una nuova vita, lontano da guerre e da una religione
troppo severa e troppo rigida. Quelle poche donne musulmane fortunate che
sono riuscite a ricominciare da capo una nuova esistenza, vivono, per prima
cosa, una pratica religiosa diversa: viene mutato l’attaccamento alla
religione, dove non c’è più il controllo della famiglia patriarcale e le
donne si possono comunque concedere qualche libertà, e cambia anche la
capacità di mediare tra la cultura d’origine e quella di approdo.
Tantissime
donne islamiche migrano appunto per trovare nuove forme di libertà,
abbandonare le regole della tradizione e non essere più sottoposte al
controllo dei maschi della famiglia. Bisogna riconoscere il loro coraggio
nell’affrontare tale problema, anche a costo della vita, pur di dimostrare
che anch’esse sono degli esseri viventi, dotati di una personalità, che
chiedono (pretendono) solo la pratica del loro diritto più grande: la
libertà.

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