POLO CUP: PROMOSSI E BOCCIATI DELLA REGULAR SEASONRitratto di Paolo Barbieri

di Paolo Barbieri


Terminato senza acuti il primo turno dei playoffs, con la sola sfida Roma-Reggio C. che ha richiesto il ricorso a gara3, tentiamo di valutare i protagonisti, nel bene e nel male, della stagione regolare che si è appena chiusa; riflettori dunque puntati sui volti più e meno noti del torneo, alla ricerca magari anche della curiosità.

Colti da un conato di rigetto per le classicissime e banali pagelle, preferiamo una classificazione più orientativa, senza ricorso a voti scolastici ma a fasce di merito (o demerito).

Seguiteci, se vi va.

1) CATEGORIA EXTRALUSSO

I bravissimi del campionato. Tra le squadre, imperativo categorico la scelta di Treviso, autrice di una stagione regolare esaltante. La Benetton ha viaggiato ad un ritmo insostenibile per gli altri, scorazzando un pò su tutti i parquet d' Italia e mantenendo inviolato il Palaverde per quasi tutta la stagione, fino alla distrazione con la Viola. Agevolata rispetto alle altre grandi da un torneo internazionale più agevole, non si è comunque mai distratta, tanto da relegare ad un distacco abissale, senza riscontri nel passato, le più dirette inseguitrici.

E' la più logica favorita per la vittoria finale. A livello individuale, scegliamo il tris d' assi Oliver-Iuzzolino-Fucka.

Brian Oliver è stata la più lieta sorpresa tra gli stranieri dell' ultima ondata: il suo brillantissimo rendimento ha avuto echi anche in Grecia, visto che l' Olympiakos avrebbe pensato a lui per sostituire Willie Anderson, salvo poi ripiegare su Evric Gray visto il veto della Viola. E' stato l' artefice primo della salvezza reggina. Pescato il Israele, al Maccabi Rishon, ha vinto la classifica marcatori a quasi 30 di media (anche se Burtt, con meno partite, ha concluso a standard più alto) con un rispettabilissimo 57.4%, prestazione tanto più significativa se riferita ad una guardia. Inoltre è il piccolo più prestante al rimbalzo offensivo (3.1 a partita), a conferma di eccellenti doti atletiche. E' il nostro mvp, titolo che potrebbe contendergli però il superbo Mike Iuzzolino, una specie di miracolo del basket, bianco di 185 cm che non si limita ad una lucida regia, come il fisico farebbe presupporre, ma sbatte 23 punti a gara col 54.4% da due e il 42.6% da tre, conditi da un 95.4% ai liberi da urlo. Ma Iuzzolino è soprattutto un formidabile uomo-squadra, uno di quei giocatori che raddoppiano il rendimento dei compagni. Con lui la Mash è 12-3, una percentuale di vittorie che la collocherebbe dietro la sola Benetton, il suo penetra e scarica è una manna per i lunghi tiratori (Galanda ma soprattutto Dalla Vecchia) della Mash, così come i giochi in pick-n-roll.

Iuzzolino, naturalizzato, può essere il leader della nazionale nel prossimo futuro e il giocatore che sposta gli equilibri del campionato: chi lo schiera, di fatto, gioca con tre stranieri di cui uno senz' altro d' elite.

D' autore anche il campionato di Gregor Fucka, migliorato in quasi tutte le voci statistiche (notevole il balzo in avanti per i punti, e anche a rimbalzo, visto che Milano schiera quest' anno un formidabile rebound-buster come Kidd) e finalmente conscio della propria immarcabilità, visto che non esiste in Europa un altro giocatore della sua statura così abile e rapido e con tali e tante soluzioni offensive. E' migliorato anche il suo impatto mentale sulla partita: non si perde più in quei vuoti improvvisi che lo condizionavano in passato. Si confermi in azzurro.

2) BENE-BRAVO-SETTEPIU'

Hanno sfiorato il cielo, o comunque si sono imposti. Citazione d' obbligo, per cominciare, a GianMarco Pozzecco, il miglior play italiano della stagione e non solo più il prolifico, coi suoi 17.2 ppg.

Pozzecco ha subito fugato tutti i dubbi circa un suo pieno recupero dopo il grave infortunio che ne ha segnato la passata annata. Si è confermato grande attaccante, anche a livello statistico: è l' unico giocatore del torneo a comparire tra i primi 15 in tutte le graduatorie di precisione al tiro, con un top di 64.3% da due che ne fa il 4° assoluto e la prima guardia, giusto sigillo per la sua sfrontata abilità di penetratore.

Il sesto uomo dell' anno è il ritrovato Davide Pessina, rigeneratosi a Roma dopo una stagione grigia a Treviso. Uscendo dalla panchina ha prodotto quasi 14 punti a partita, col 58% al tiro, e 6 rimbalzi, ben più degli acclamati primi cambi delle big, da Niccolai (10.8 ppg) a Pilutti a DePol. Inoltre è migliorato in difesa, particolare non trascurabile per un giocatore in passato condizionato da problemi di tenuta, anche psicologica, nella propria metà campo.

Giusto segnalare poi l' ottimo lavoro del vate Bianchini, su una panchina scomoda, alla guida di una squadra dal grande potenziale ma in crisi, quasi sfiduciata solo pochi mesi fa. Bianchini ha trovato un ambiente diffidente (ricordate lo striscione "Bianchini-Fossa separati in casa" ?) e ha lavorato sodo imprimendo alla squadra un marchio di fabbrica forte, la difesa, pescando lo straniero giusto, Murdock, insomma rilanciando alla grande i vicecampioni d' Italia.

3) NON TI SPRECARE

Chi vive di basket a Bologna ha impresso l' emblema di questa fascia di resa, davvero un "hors category": Francesco Vescovi. Ci riferiamo a giocatori e squadre da sufficienza stiracchiata, ma da cui era lecito attendersi di più: accidiosi, se vogliamo.

Cecco veniva da una grande stagione a Varese, chiusa a 15.5 ppg. Pareva l' uomo giusto per questa Fortitudo, ma ha reso appieno solo in difesa, mentre non ha saputo calarsi il quel ruolo di killer silenzioso, di fromboliere a piedi per terra, di cui la Teamsystem ha bisogno per punire i raddoppi sugli esterni.

Il suo 37.5% dall' arco è una voce insufficiente che migliora il 25.5% del 95-96 ma non ne fa lo Steve Kerr dei poveri, tanto più che i tiri presi non sono molti (64, 2.6 a partita). Rimpianti per quell' Alvertis che avrebbe forse potuto arrivare ?
Tanti ...

Così così anche la Rolly Pistoia, giunta ai quarti l' anno passato con un buon bilancio (15-17) nella regular season ed incapace del salto di qualità. Certo la perdita di Ancilotto si è fatta sentire, ma nel complesso Pistoia è parsa in calo, nè ha dato i frutti sperati la responsabilizzazione dei tanti giovani voluti da Vujosevic. La squadra ha vinto meno (11-15), tribolando molto con gli stranieri, e di fatto deve ringraziare il comunitario Taylor che ne ha risollevato le sorti dopo la falsa partenza: era 1-6 al suo arrivo. Taylor è una delle rivelazioni dell' anno: giocatore da ultimo tiro, ha chiuso con un saldo attivo perse-recuperate (non male per un play-guardia) e ha dalla sua un formidabile record, non contemplato dalle graduatorie ufficiali solo per il basso numero di tentativi: 44/45 (98% !) dalla lunetta.

La Kinder Bologna ha giocato due campionati: grande con le piccole, piccola con le grandi. Nei confronti diretti (derby, Milano, Treviso) è 1-5, segna 78.7 punti contro una media di 87.8 ed ha un differenziale di -2.7, a fronte del suo complessivo +6.23: statistiche non beneauguranti per i playoffs.

4) PACCHI

Battuta scontatissima: Dreliozis e Maslarinos, comunitari ellenici di Forlì, sono stati un vero pianto ... greco. La domanda però è d' obbligo: che senso ha portare in Italia due giocatori così ? Davvero nella nostra B non ci sono elementi più dignitosi?

Dreliozis ha chiuso con 44 di valutazione, risultato pietoso visto che ha giocato relativamente molto, circa 400 minuti (per capirci, un giocatore medio come Laezza in analogo minutaggio ha viaggiato attorno a 150 di valutaz.), con un' aggravante agghiacciante: nelle prime 11 partite, in cui Forlì ha definitivamente perso contatto col gruppo, ha avuto 9 valutazioni negative !

Maslarinos a livello statistico è andato un pò meglio, ma partiva con credenziali diverse arrivando come top scorer della A2 greca, e ha profondamente deluso.

Male malissimo anche il finlandese di Pesaro Martti Kuisma, frettolosamente firmato all' inverosimile cifra di 150.000 dollari sulla base di una buona partita contro l' Italia e di un effimero titolo di capocannoniere della modesta seconda serie tedesca. Kuisma non è un fenomeno ma sa far canestro, però è capitato nella squadra sbagliata. Non ha l' uno-contro-uno, ma a Pesaro non potevano sognarsi di lavorare su giochi per lui avendo in squadra Esposito. Piuttosto gli si chiedeva di riciclarsi nello spot di ala tattica, capace di alleggerire il compito del Diablo ma anche di portare rimbalzi e difesa: ha fallito, peccato.

Tra i segreti del rilancio di Varese, oltre al crescendo rossiniano di Pozzecco, senz' altro anche la rientrèe di Petruska, bocciato dalla Nba, con taglio dell' impalpabile Russ Millard, misteriosa scelta n°39 dei draft '96. Uscito da Iowa, ha preferito Varese ai Phoenix Suns, palesando però limiti tecnici oltrechè caratteriali. Di fatto ha reso meno di un mediocre italiano, stupendo in particolare per la remissività offensiva quando diversi suoi colleghi sono censurati per gli eccessi che si concedono; a Bologna, contro la Teamsystem, chiuse senza neppure un tentativo dal campo ! Millard va ad allungare la serie (Wilkins, Buford, Burns) di lunghi stranieri sbagliati che di recente hanno calcato Masnago. Pur con tutte le attenuanti, non ce ne vogliate, ma insufficiente è anche il coach di Trieste, Furio Steffè. Certo, la squadra era modesta, ma due retrocessioni in due anni ed un bilancio personale di 10-22 sono numeri scadenti, cui va aggiunta la scelta di due stranieri, Robinson e Firic, che ha pesato molto sull' esito della stagione triestina.

Altro pacco coi controfiocchi è stato proprio Gordan Firic, bosniaco con un curriculum di rispetto nella nostra A2 dove è stato anche il miglior affare nel rapporto qualità-prezzo, ma reduce da un infortunio e tuttora ben lontano da una soglia di rendimento accettabile. Firic ha giocato le ultime 7 partite della stagione, realizzando 39 punti senza grandi percentuali e rappresentando di fatto un handicap per la Genertel, costretta in ultima analisi a giocarsela con un solo straniero degno di tale nome. A Firic questo inopinato flop potreb- be costar caro, perchè è in attesa di passaporto avendo preso moglie in Italia, e giocando da comunitario avrebbe potuto ragionare su cifre d' ingaggio diverse, ma a tutt' oggi è un' incognita e vedremo chi vorrà rischiare.

5) PREMIO PIPPERO '96

Qui non si discute, nomination isolata per il bidone dei bidoni più annunciato, Manute Bol interminabile (230 cm) centro che Forlì ha firmato per apparire al Tg1, rarità nel basket, e convincere qualcuno ad un salto al palazzo, magari col cartello "I came just to see him", "Sono venuto solo per vederlo". Al di là dell' immoralità insita nell' usare un uomo come fenomeno da circo, restano le cifre improponibili di un ex giocatore, se mai giocatore Manute Bol è stato. 11 punti in 2 gare, 4/10 da due, 8 rimbalzi, 6 di valutazione e la sensazione di esserci per caso, senza saperne il motivo, ma con la certezza di non poter rstare. Forlì ha vissuto un anno sfigato, però molte sfighe se le è cercate e rimane indelebile l' impressione di quella che noi a Bologna chiamiamo "sfurtouna di' trest", sfortuna dei tristi, con aggettivo sostantivato nell' uso metaforico, non umorale.

CATEGORIA A PARTE: GLI INCOMPRESI

Meritano una citazione quei giocatori che hanno deluso, ma ci rifiutiamo, per diverse ragioni, di annoverare fra i pacchi.

Apertura per John Kevin Crotty, "erede" di Djordjevic alla Fortitudo, giocatore del tutto inadatto per una squadra che agli esterni chiede soprattutto punti e pericolosità in attacco. Crotty è stimato nella Nba, come dimostra il contratto subito sottoscritto con Miami (alla corte di Pat Riley !) al ritorno negli Usa, e del resto ha sùbito dimostrato le sue capacità come degnissimo cambio del play, giocatore in grado di fornire 10-15 minuti di qualità e nel caso anche di fare canestro (di recente ha scritto un 18). L' errore è stato chiedergli una riconversione impossibile, da onesto gregario a stella, da play d' ordine puro a realizzatore, senza poi contare il problema del minutaggio: non è facile, per chi da anni viaggiava sui dieci minuti per sera, passare ai 35-40 fissi specie per un elemento non più giovanissimo (27 anni) privo di grandi mezzi atletici.

Altro incompreso senza dubbio Jerry Reynolds, la stella che doveva far grande Cantù, uno dei giocatori più sfortunati della storia recente del basket. Per lui era annunciato un grande futuro tra i pro', ma un grave infortunio lo ha più volte bloccato senza mai permettergli di esplodere. A Cantù ha comunque viaggiato sui 20 ppg, senza però mai convincere Lombardi, e tartassato dagli arbitri italiani che non ne tolleravano la partenza in palleggio (fondamentale su cui il metro Nba è molto più largo) spuntandogli la miglior arma del repertorio. Alla fine tra i rimpianti ha dovuto cedere il posto al grigio, riciclatissimo Pete Myers, giocatore che non entusiasmerebbe neppure se segnasse 50 punti a partita, tanta è la flemma che si porta appresso. In bilico fra pacco ed incompreso Bane Prelevic, il più atteso fra i comunitari, per il quale la Kinder si è svenata ma cui i 4 in pagella fioccavano come la neve a gennaio sul Cervino.

Di lui si è detto tutto il male possibile, fino a malignare sulla pancetta rigogliosa probabile frutto di Bologna La Grassa, però è risultato l' Mvp della Final Four di CoppItalia, e se la mediocre Kinder di quest' anno ha arricchito la bacheca lo deve in buona parte al suo incostante martello greco.

Prossimamente: Eurodisastro, a Roma nessuna italiana. Perchè non vinciamo più neanche la Coppa del Nonno ? Il dibattito è aperto.

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