E' arrivato il tempo delle scelte!

di Paolo Barbieri


Europa, anno 2010: un manipolo di inconsistenti squadrucole di provincia, qualche anno addietro orgoglio e vanto delle rispettive scuole nazionali, vivacchia in tornei sempre più poveri di campioni, contendendosi trofei di cartapesta, schierando stranieri impresentabili e gli scampoli dei prodotti indigeni non risucchiati dal vorticoso setaccio della Nba.

Scenari da brividi.

Provocazione, d'accordo. Tuttavia è innegabile che, in questi ultimi anni, stia sempre più prendendo piede una forma di "saccheggio" che le franchige pro', alla costante ricerca di nuove attrattive oltrechè di validi cestisti, perpetrano nei confronti dei migliori talenti del basket extra-Nba.

Chi schierare in un ipotetico Dream Team del resto del mondo ?

Potrebbero non trovare spazio Kukoc, Radja, Divac, Sabonis, Marchiulionis, Smits, Schrempf o Danilovic ? Ebbene, tutti questi 8-fuoriclasse-8 giocano, e da campioni, nell' Nba. Quali le cause, le conseguenze e i possibili rimedi ? Il mondo della pallacanestro americana, sotto la saggia e lungimirante guida del commissioner David Stern, ha conosciuto in questi ultimi anni un prodigioso boom su scala mondiale.

L' Nba è oggi uno dei marchi più celebri in assoluto, attrae l' interesse dei media e delle tv di tutto il mondo e ricava autentiche fortune da gadgets e merchandising.

Stern, abilissimo, ha ben pensato di poter ulteriormente allargare le frontiere del suo gioiello cosicchè nel breve volgere di qualche anno l'Nba si è arricchita di sei nuove squadre: dapprima è toccato a Miami e Charlotte, poi a Orlando e Minnesota ed ora anche alle franchigie canadesi di Toronto e Vancouver. Inevitabilmente si fatta sentire una più pressante richiesta di "materia prima" cioè di giocatori di alto livello, visto che l' organico di una squadra Nba non può prescindere da 15-20 elementi, tenendo conto dei continui rimescolamenti dovuti a tagli e reintegri.

Tutto ciò sullo sfondo di una globale crescita del basket mondiale, e specialmente europeo, dovuto - a nostro avviso - ad un sostanziale progresso tecnico-atletico importato sull' esempio americano, ed al costante confronto con i migliori reso possibile dall' ingaggio in Europa di grandi stelle americane. L' attenzione dell' Nba sui migliori talenti d' Europa è cominciata così a crescere, sempre più frequenti erano gli inviti ai camp estivi, finchè non si è arrivati all' inserimento di alcuni di essi nei draft. Fece scalpore, a suo tempo, la scelta dei mitici Los Angeles Lakers, che puntarono sul centro serbo Vlade Divac per rimpiazzare addirittura Jabbar. Poi è toccato a Paspalj, deludente, ed al compianto Drazen Petrovic, fenomeno a tal punto che, dopo un paio di stagioni, poteva già essere considerato tra i primi cinque nel ruolo.

Oggi l' europeo nella Nba non fa più notizia: se poi il giocatore è un talento vero, e non un bluff, anche quel temuto "periodo di rodaggio" che ha fatto penare anche Kukoc finisce col passare inosservato, vedi i casi di Danilovic e Sabonis.

Il nuovo contratto collettivo Nba, con l' innalzamento del tetto salariale, ha costituito un handicap per la squadre europee, perchè la maggior liquidità a disposizione delle squadre americane consentirà loro di fornire contratti elevati anche a giocatori di livello medio per l'Nba, ma potenziali stelle oltre oceano, con la conseguenza di un calo della qualità degli stranieri.

Le stelle autentiche poi sono destinate a diventare irraggiungibili, conseguenza dell' allagramento del numero di squadre che porterà alla ricerca, per tutte, dell'uomo-immagine.

Il richiamo della sfida con i migliori finirà con l' animare i più forti talenti nostrani destinati prima o poi al gran salto. A fronte di questo scenario s' impone una netta sterzata della federazione internazionale nel verso di una più proficua valorizzazione del prodotto - basket.

I frequentatori di questa "tribunetta" telematica avranno certamente arguito che questo termine magico e a volte un po' sfuggente, "valorizzazione", rappresenta una sorta di mottetto personale che chi scrive sogna di veder applicato al nostro sport.

E' la scelta di un vero aficionado incapace di arrendersi allo strapotere mondiale di "sua maestà" il pallone (sport che peraltro seguo e apprezzo) e sicuro delle potenzialità e della presa emotiva che il basket può avere.

Va peraltro ricordato, per inciso, che la pallacanestro conta, nel mondo, il più alto numero di tesserati, segno tangibile delle sue stupefacenti possibilità di espansione sotto un' adeguata spinta propulsiva.

Alla realtà Nba, frutto di un mix forse irripetibile di circostanze contigenti favorevoli (il basket è uno sport tutto "made in America", nato adulto addirittura dopo il suo regolamento, sviluppatosi in un paese di grossi mezzi finanziari e umani, quasi "studiato" ad hoc per la genetica degli americani di colore) e figlia di una cultura cestistica senza eguali, se è vero che, quando ancora in Europa era semisconosciuto, oltre oceano il basket era già entrato di forza nelle scuole e stava imparando ad esaltare i primi idoli, il resto del mondo non ha che un modo per rispondere : unire i propri sforzi in un colossale progetto internazionale, capace di abbattere le orgogliose (presuntuose ?) nicchie locali per fornire un prodotto competitivo.

Appurato che le singole nazioni e forse anche le coppe internazionali non possono reggere il confronto con gli States, a nostro avviso è sempre più indispensabile incanalarsi su quella via che coraggiosamente ci ha di recente illustrato il professor Nikolic, "guru" dei successi del Cibona e grande conoscitore del basket: l' Eurolega, vale a dire un supertorneo continentale che rifletta nella formula e nel quadro organizzativo il campionato professionistico americano.

Riteniamo che solo il modello della franchigia, un apparato economicamente e strutturalmente solido nonchè di forte richiamo, dotato di un vasto bacino d' utenza e assecondato da mezzi adeguati (palazzi confortevoli e capienti, ritorni d'immagine che richiamino gli sponsor, merchandising e diritti tv) possa sostenere il confronto con questa Nba sempre più "invadente".

A nostro avviso questo sistema non porterebbe automaticamente alla cancellazione dei tornei nazionali, che senz' altro rischierebbero di essere ridimensionati, ma potrebbero comunque richiamare grande interesse nella loro fase topica (i play-off con il ritorno delle squadre impegnate in Eurolega) e costituire un serbatoio di talenti per la lega maggiore.

D'altronde il progressivo impoverimento dei valori dei campionati nazionali non potrà essere arginato senza una nuova politica che sappia pensare in grande: per citare Prodi, è davvero arrivato "Il tempo delle scelte".


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