I love this game !

di Paolo Barbieri


Inauguro questa sezione di commento e approfondimento sul mondo della pallacanestro, prima pagina di un inserto sportivo che mi auguro possa ben presto divenire corposo ed esauriente raccogliendo il contributo di tutti gli appassionati. Il progetto ha lo scopo di intrattenere e stimolare, nel modo ci auguriamo il più gradevole possibile, tutti coloro che amino lo sport ed il basket in particolare e desiderino ampliare il proprio bagaglio conoscitivo, confrontare opinioni o magari solo divertirsi nello "sfogliare" la rubrica. La speranza é che questo foglio possa tramutarsi in una "tribuna aperta" su tutto ciò che é basket. Nella mia ideale impostazione, la rubrica dovrebbe ruotare attorno ad un fatto, un episodio adeguatamente esposto e commentato, che possa essere motivo di dibattito e interesse, salvo poi espandersi con una panoramica a 360 gradi sulla settimana della palla a spicchi

Andando in stampa il 6 Gennaio, a pochi giorni dal giro di boa dell' Euroclub (per i profani, una sorta di Champions League del basket), si potrebbe esordire con qualche nota di commento su tale importante manifestazione destinata -specie nei prossimi mesi- a catalizzare l'attenzione di moltissimi aficionados.


EUROCLUB : UN PATRIMONIO DA VALORIZZARE


Per quanto minato, nell'interesse e nella spettacolarità, dalla pericolosa involuzione tecnica promulgata in questi ultimi anni dai "profeti" slavi e ben presto fatta propria dalla quasi totalità delle compagini, con i greci in primis, l'Euroclub resta pur sempre il torneo-faro del basket continentale a livello di club. L'indubbio blasone delle partecipanti unito alla formula azzeccata per l'epilogo (le final four) e alla caratura dei suoi più validi interpreti, tra cui figurano alcune autentiche stelle del basket mondiale, sono ingredienti esplosivi per il successo e il prestigio della manifestazione.

Tuttavia una serie di ragioni ci spingono a credere che sia possibile una ulteriore e concreta valorizzazione del prodotto, anche in riferimento a talune scelte discutibili dell' organizzazione.

Per cominciare ci ha lasciato perplesso il criterio di composizione dei due gironi: un sorteggio pressoché indiscriminato dove -fissate le teste di serie- non vengono introdotti ulteriori parametri di classificazione di merito delle formazioni iscritte, ha finito col partorire due gruppi fortemente disomogenei nei valori medi, a discapito dello spettacolo e dell' effettivo rispetto delle reali potenzialità delle squadre.

Sia sufficiente una statistica: considerando il bilancio delle 16 partecipanti nelle tre coppe europee risulta che, nel complesso,
le 8 squadre del gruppo A hanno vinto appena 4-coppe-4 (Cska 3 Coppe Campioni, Benetton 1 Coppa Europa)
a fronte dei 23 successi di quelle del gruppo B ! Si badi poi che non si tratta di vittorie sbiadite o perse nei meandri del basket dell'età della pietra: il Real vinceva l'Euroclub solo l'anno scorso, il Barcelona vanta i suoi tre successi sul finire degli anni '80 e recentemente é stata, con la Buckler, la più regolare tra le squadre che abbiano preso parte all'Euroclub, pur senza mai vincere. L'elenco potrebbe continuare. Stupisce poi che non si sia tenuto conto del curriculum europeo delle squadre iscritte; l'Euroclub é una manifestazione molto particolare sotto il profilo del gioco e dell'atmosfera, tanto da richiedere un ragionevole periodo di adeguamento: detto in altri termini, l'esperienza conta,eccome.

Alla luce di tali considerazioni stupisce che tre squadre esordienti, peraltro appartenenti a scuole affermate (greca,spagnola) o emergenti (turca) e quindi occupanti posti "pesanti" nei gironi, siano state inserite nel medesimo gruppo. Ulker, ma soprattutto Malaga e Iraklis, stanno in effetti pagando lo scotto del debutto, se é vero che gli spagnoli in campionato sono primi col Real e gli alfieri del Bosforo rivaleggiano da pari a pari con gli eterni rivali dell' Efes per la supremazia nazionale, mentre in Europa stentano. Forse una miglior strategia in sede di sorteggio ci avrebbe proposto gironi più equilibrati: ne avremo comunque l'eventuale conferma nel "barrage" dei quarti di finale. Altra nota dolente é, a nostro avviso, l'intransigenza della federazione in materia di infortuni. Senza voler giustificare nessuno (a Palazzarita con il Pau c'erano tutti) é indubbio che parte dei motivi della disgraziata stagione europea dei tricolori della Buckler sia da addebitare alla perdurante assenza di un faro come Woolridge, uomo ad hoc, con la sua esplosività, per scardinare i bunker eretti dai marpioni alla Maljkovic. Se l'Olympiakos Pireo vicecampione in carica ha sin qui reso meno rispetto alle attese non va scordato che sta tuttora giocando senza il suo fuoriclasse Walter Berry e per lungo tempo ha dovuto rinunciare al duo Galakteros-Tarlac. All'Ulker é mancato Pete Williams, uno dei tuttofare più validi in Europa, al Maccabi Goodes. Secondo noi una maggiore flessibilità gioverebbe alla credibilità stessa del torneo, senza considerare poi i rischi derivanti da un eventuale disimpegno degli sponsor: la Buckler Beer ha investito forte sull' immagine della Virtus, ma il suo bilancio in rosso rischia di tradursi in un danno economico e d'immagine considerevole.

Se davvero la Federazione ritiene che garantire un taglio rischierebbe di stravolgere i valori della competizione ("Guarda caso - per citare Stankovic - si rompe sempre uno straniero da tagliare") perché non consentire ingaggi di gettonari "ad interim" , magari solo per i gironi eliminatori ? Nessuno si sognerebbe di ingaggiare Barkley o Jordan solo per la settimana delle final four, falsando allora si il torneo, ma con squadre non dilaniate da infortuni il livello tecnico-spettacolare sarebbe sempre elevato e gli infortuni non inciderebbero eccessivamente sullo svolgimento regolare del torneo ! Retorico e forse anche tedioso riproporre poi la vecchia e mai sopita polemica del "gioco sporco" e dell' hand cheking: il basket sotto questo profilo vive un momento piuttosto difficile, che é figlio di troppi anni di inopportuna transigenza nei metri di valutazione arbritrale. Un' inversione di rotta, da più parti invocata, comincia a vedersi, ma affrettare i tempi potrebbe essere rischioso. Francamente non ci auguriamo di passare dal basket stile-rugby troppe volte visto di recente sui parquet di mezza Europa ad un gioco monotono fatto di cento tiri liberi a partita, in cui vengono fischiati anche i sospiri !

Adattarsi richiede tempo: se la strada imboccata dalla federazione é quella giusta, forse non sarà un miraggio augurarsi che partite come Lituania -Jugoslavia, la fantastica finale dei recenti Campionati Europei, sublime sinfonia dei canestri che anche l'America ci ha invidiato, possano in qualche modo non restare campioni da cineteca. In fondo, quando nei roster di partenza delle protagoniste compaiono nomi come Wilkins, Komazec, Arlauckas o McDaniel chiedere spettacolo torna quasi spontaneo, no ?


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