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SENECA


SENECA (4a.C.-65d.C.)

Lucio Anneo Seneca, uno dei più grandi autori latini, nacque a Cordova nel 4a.C. da ricca famiglia, andò a Roma per completare la sua formazione. Nel 41d.C., salito al trono l'imperatore Claudio, Seneca fu accusato d’adulterio, e fu mandato in esilio in Corsica dove rimase fino al 49d.C., quando gli fu concesso di ritornare a Roma. Alla morte dell’imperatore Claudio, Seneca ricevette l'incarico di educare il giovane principe Nerone (54d.C.). Quest’ultimo, grazie agli insegnamenti del maestro, governò in un primo tempo con moderazione, dando importanza al senato e al ceto aristocratico, come aveva fatto in precedenza l'imperatore Augusto. Col tempo, però, Nerone si rivelò un despota, che fece uccidere la madre Agrippina e il suo consigliere Burro. Seneca, deluso dal comportamento di Nerone, nel 62d.C., decise di allontanarsi dalla vita di corte per tornare alla vita solitaria. Nel 65d.C. Nerone condannò al suicidio Seneca accusandolo di essere uno dei cospiratori della congiura ordita contro di lui da Pisone.

 


La produzione letteraria di Seneca è molto ampia, tra le sue opere maggiori ricordiamo: le "Epistolae morales ad Lucilium" e il "Dialogum libri". Quest’ultimo è una raccolta di dieci dialoghi, tre dei quali appartengono al genere della consolatio: "Consolatio ad Marciam", "Consolatio ad Helviam matrem", "Consolatio ad Polybium", essi risalgono, probabilmente, al periodo dell’esilio. Questo tipo d’opera era già usato in precedenza da filosofi greci e romani per alleviare il dolore a chi aveva subito dei lutti o la perdita dei beni.
Nella "Consolatio ad Marciam", Seneca, consola l'amica Marcia, figlia dello storico Cremuzio Cordo, perché aveva perso un figlio di soli tre anni. Da questo testo traspare la visione di Seneca della morte, vista come liberazione da tutti i mali.

"La morte è la risoluzione di ogni dolore e la fine, oltre la quale i nostri mali non vanno, la morte ci ripone in quello stato di tranquillità in cui giacemmo prima di nascere. Se qualcuno compiange i morti deve compiangere anche in non nati. La morte non è né un bene né un male; può essere un bene od un male ciò che è qualche cosa, ma ciò che di per se è nulla e a nulla riduce il tutto, non ci affida ad alcuna fortuna.[...] Tuo figlio è uscito dai confini entro i quali si è schiavi, lo ha accolto una pace grande ed eterna; non viene attaccato dalla paura della povertà, dalla preoccupazione per la ricchezza, dagli stimoli del capriccio, che attraverso il piacere rode l'animo, non viene toccato dall'invidia per i successi altrui, non è schiacciato da quella per il proprio, neppure da qualche offesa le orecchie vereconde sono colpite; non è vista all' orizzonte nessuna rovina dello Stato, nessuna privata; per la preoccupazione del futuro, non resta sospeso ad un risultato che sempre si volge a situazioni ancor più incerte. Finalmente si è fermato là, da dove nulla può scacciarlo, dove nulla può atterrirlo."("Consolatio ad Marciam" 19 5-6)

Secondo Seneca la morte, liberazione da tutte le sofferenze, offese e preoccupazioni della vita, non deve essere temuta perché coincide con il nulla, anzi, egli nel dialogo "De providentia" sostiene che quando il peso della vita diventa insostenibile è ammesso il suicidio. "Non sempre bisogna cercare di tenere la vita, perchè vivere non è un bene, ma è bene vivere bene"(Ep.70).

Accanto all'aspetto tradizionale della morte concepita come liberazione, Seneca affianca un elemento di originalità: l'idea che l'uomo, anche se non se ne rende conto, muore giorno per giorno: infatti anche se si è soliti considerare la morte come qualcosa di lontano, gran parte di essa è già stata vissuta perchè tutto il tempo che è già trascorso appartiene alla morte.

"Moriamo ogni giorno, ogni giorno infatti ci viene sottratta una parte della vita e anche quando noi cresciamo la vita decresce...questo stesso giorno vivendo lo dividiamo con la morte"(Ep 24,20).


Percorso interdisciplinare di giulia zanier anno scolastico 2004-2005 liceo scientifico "G.Oberdan" Trieste


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