IL SEMAFORO (seconda parte).

di Stefano Pelloni

(racconto inviatoci dal Gruppo Entasis)

Giallo, giallo, rosso.
Rosso fuoco, rosso sangue.
La macchina frena, colta di sorpresa. Eppure prima lampeggiava, chi é alla guida ne é sicuro... Ma che importa, alla sera siamo tutti un poco distratti.

Fumo dentro l'abitacolo.

Profumo di donna e risate.

E` una coppia allegra e vivace. Lei é trentenne, originaria di Milano e piena di vita. Porta vestiti firmati ma non équel tipo di donna che schiva chi non éalla sua portata. Lui, anziano, divorziato da cinque anni da una moglie che passava il proprio tempo in compagnia di una buona bottiglia di Gin. Un passato da dimenticare ed ora un presente tutto da vivere. Lui non chiedeva quell'amore che ormai aveva perso da anni, ma giorni spensierati all'insegna della voglia di vivere e del divertimento.

Una coppia non certamente perfetta ma bella e vitale. Un legame non classico ma non per questo un legame meno intenso. Le mani di lui le scivolano giù per le cosce e lei arrossisce come avrebbe fatto dieci anni prima con il suo primo amore se solo lei si fosse decisa.

La macchina ferma sbuffava dal tubo di scarico come un dinosauro resuscitato da chissà quale caverna mentre le gocce si fermavano sul parabrezza.

I vetri appannati potevano fare decollare una qualche frase maliziosa se qualcuno fosse passato di lì, ma fortunatamente il luogo era deserto e terribilmente spettrale.

Dalla parte opposta un camion, un autoarticolato gigantesco che sbuca dalla nebbia, un mostro, sinonimo di paura e di terrore stradale. Simbolo di prepotenza e di incidenti paurosi. Mezzo di locomozione screditato ed additato dai più come un eretico al tempo della caccia alle streghe. Il simbolo della prepotenza e della cocciutaggine, il capro espiatorio per tutte le stragi inimmaginabili compiute sulle autostrade.

La velocità é sostenuta ed i tergicristalli spazzano i vetri con violenza.

Giallo, giallo, verde.
Un attimo di esitazione poi il mostro riprende velocità.
Dovrò fermarmi, pensa il camionista , comincio ad avere le traveggole. Avrei pensato che lampeggiasse invece é lì bello verde come il mio portafoglio.

Una risata , uno sguardo al poster di Cicciolina sul vetro laterale.
Ciro. Dieci anni da camionista. Una vita dura per dare un tetto alla propria famiglia. Lui é un meridionale e gli fa male sentire che sulla sua pelle vi sono mille e più insinuazioni. Lui fa un lavoro onesto e poco importa se suo padre era conosciuto come il Boss di Sommatino.

A lui questo non riguardava.

Lui se ne era andato dal suo paese quando ancora era un ragazzino. Non ne voleva sapere di faide e dure vendette. Tanti amici gli avevano parlato del nord come un'isola felice, e lui era partito lasciandosi alle spalle un vita fatta di piombo. Ed ora era lì, alla guida di quel mostro, a guadagnarsi il pane in modo onesto. Era soddisfatto e, nonostante i duri sacrifici, si riteneva fortunato.

Giallo , giallo , verde.
Il camion acquistava velocità ed avanzava sicuro.

Giallo , giallo , rosso.
La macchina ferma sbuffava e ringhiava.
Una sensazione di disagio profondo mi sta assalendo.

Un nodo allo stomaco...

Non vorrei sapere ma già so, non vorrei vedere ma già vedo, non vorrei sentire ma so già che sentirò.

Giallo, giallo, verde.
Il camion é nelle vicinanze. La nebbia lo avvolge come un manto maligno.

Giallo, giallo, VERDE !!!!!
La macchina sbuffa ulteriormente e comincia a muoversi.
Una figura oscura sbuca dalla nebbia...

Giallo, giallo, VERDE !!!!
Giallo, giallo, VERDE !!!

L'impatto é terribile.
Uno stridio allucinante di lamiere, urla nella notte.
Una scintilla ed il boato tremendo.
Nulla rimane, nulla rimarrà.

Giallo, giallo, giallo.
Non più un occhio, ma il felice ammiccare di uno sguardo maligno...
Sono passati giorni, notti.
La nebbia sta tornando e lui é là che attende...
Giallo, giallo , giallo......


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