Mario Fragiacomo
un musicista di frontiera tra Trieste e Milano

Fragiacomo in Klezmer con Moni Ovadia

a cura di Mario Fragiacomo

 

"Una volta una signora forestiera chiese a un triestino dove fosse la chiesa. E quello le rispose: Se continua dritto, si troverà davanti alla chiesa greco-ortodossa. Quella cupola celeste in lontananza è della chiesa serbo-ortodossa. La Sinagoga è in via San Francesco. La chiesa potestante ……… . Ma veramente io cerco una chiesa cattolica, per sentire una messa normale - lo bloccò lei. Ah, sì allora può andare alla chiesa di Santa Maria Maggiore. E' accanto alla chiesa valdese. Alle 17 c'è la funzione in sloveno, poi c'è la messa in italiano!"

L'approccio alla musica

Questa è Trieste, mia città natale, e da questi umori è nata la mia musica. Fu mio padre Giovanni, e l'influenza di mia zia Bianca, ad indirizzarmi fin da piccolo allo studio della musica, assieme a mio fratello Aldo. Dove? Frequentando la banda musicale del Ricreatorio comunale "Guido Brunner" nel rione di Roiano. I ricreatori a Trieste sono una istituzione tramandata dall'epoca di Maria Teresa d'Austria e sono delle strutture tipo l'attuale nostro oratorio non gestito dai preti ma dall'amministrazione comunale. Quando fui presentato al maestro di musica Pasquale D'Iorio avevo solo 8 anni. Da lui ho appreso i primi rudimenti di teoria musicale e di tecnica dello strumento e pochi mesi dopo mi mise in bocca un flicorno contralto, strumento a fiato della famiglia degli ottoni, il mio primo strumento musicale. A 9 anni suono già nelle file della banda del ricreatorio anche se non mi si vede affatto. Sono il più piccolo e non posso stare in prima fila dato che gli ottoni sono sempre dietro. I primi suoni per me sono di accompagnamento (il tradizionale un-pa, un-pa-pa) nelle marce delle processioni del Corpus Domini e di altre manifestazioni folcloristiche. A fine esibizione l'ambito premio: pane e salame e ........ coca cola! E poi via, tutti trasportati a casa, seduti nelle panchine di legno sotto il tendone di un camion militare. Passo quasi subito al trombone a cilindri quando mancano i tromboni nella sezione. In pratica vengo indirizzato allo studio di uno strumento non perché ho predisposizione a, ma perché manca quello specifico strumento nel corpo bandistico. A 10 anni come posso rifiutare? Se poi, ti piace la tromba, puoi forse pestare i piedi e attestare il tuo diritto quando oltre alla giovane età ti ribadiscono per l'ennesima volta che hai il labbro troppo grosso e non puoi proprio suonarla?

Chissà come avrà fatto Louis Armstrong!

Pian piano mi avvicino alla tromba anche per merito del nuovo e giovane maestro di banda Liliano Coretti, passando prima al flicorno baritono (bombardino) e poi al flicorno tenore. Sempre e comunque strumenti della famiglia degli ottoni. A sedici anni mi iscrivo al Conservatorio "Tartini" con una buona tromba "Selmer" argentata, acquistata di seconda mano. Inizia così la mia epopea trombettistica.

E' incredibile come la Banda musicale a Trieste, ma anche in tutt'Italia, sia stata (e forse lo è tutt'ora) fucina musicale e valida scuola per molti strumentisti a fiato anche se è un segmento della musica che viene ingiustamente trascurato dalla critica e dalla stampa periodica di settore. Dopo, per chi ha talento, d'obbligo il Conservatorio. Ma a questo proposito vorrei dire la mia opinione. Ancora oggi, i programmi sono piuttosto antiquati perché la base dovrebbe essere la musica da camera (quartetti, quintetti) che ora viene relegata all'ultimo biennio. E' qui dove il giovane impara ad ascoltare suonando assieme, impara la disciplina e il rispetto degli altri musicisti, in pratica impara quello che farà se suonerà in un orchestra o in un ensemble dopo il diploma. Se non ha talento non ce la farà, e a tal proposito, se il talento non c'è, facciamogli fare il ragioniere, l'architetto o qualsiasi altro mestiere. E' inammissibile che il sistema attuale ti faccia prendere il diploma e poi non essendo in grado di suonare il repertorio concertistico richiesto (che non ti hanno insegnato!) o non trovando lavoro in un'orchestra, ti dai all'insegnamento. E la cosa più sconcertante è che questo insegnante insegna agli altri quello che lui non sa fare!

Dopo questa mia personale impressione e sfogo sui Conservatori in Italia, continuo con la mia storia.

Il Trieste Jazz Ensemble

Incontro il jazz con il gruppo di Silvio Donati nel 1971. Prima dell'audizione con il pianista triestino mi ero "preparato" a casa provando ad improvvisare. Era la prima volta che affrontavo la tecnica dell'improvvisazione e mi affidavo esclusivamente al mio istinto musicale suonando delle note che più mi sembravano appropriate. Un disco con l'orchestra di Duke Ellington fungeva da background per i miei tentativi (qualche nota l'azzeccavo!) ed era l'unico disco di jazz che possedevo. Con il gruppo di Silvio si facevano alcuni standard e suoi pezzi. Di rilievo la partecipazione al mio primo festival, per di più all'estero a Bayreuth in Germania nel contesto del Festival Internazionale della Gioventù. Successivamente fondai o meglio rifondai il "Trieste Jazz Ensemble" perchè questa denominazione è storica nel jazz triestino in quanto un po' di anni prima alcuni musicisti triestini tra cui Edoardo Kanzian, Bruno Chersicla, Ottavio Corrado e Claudio Pascoli avevano costituito questo gruppo che, per primo fra i gruppi della regione, ma anche tra i primi in Italia, si era impegnato nella ricerca di nuove sonorità. Siamo in pieno periodo del "Free jazz". Lotte studentesche, conflitti razziali provocano atteggiamenti anticonformisti. L'estro creativo e l'impeto inibito

caratteristico del musicista di quel periodo, che riduceva drasticamente gran parte delle strutture base e abbandonava sistematicamente l'unità di tempo, mi dava grande liberazione e allo stesso tempo grande soddisfazione. Se suoni la musica leggendo lo spartito, diventa una liberazione interiore quando puoi suonare tutto quello che ti salta in mente aspettando di vedere cosa succede suonando essenzialmente a caso! Non è proprio così, ma penso sia un'aspirazione per qualsiasi jazzista comporre nell'istante dell'esecuzione senza prestabilire nulla.

I musicisti del "Trieste Jazz Ensemble" di allora: Edy Meola al sax, ora titolare di un noto e qualificato studio di registrazione a Trieste, Mario Feroce al fagotto, ora noto direttore d'orchestra in Francia, Jacques Centonze alla percussione, ora capogruppo dell"WitzOrchestra", Fulvio Zafred alla batteria, anche lui titolare di un noto studio di registrazione ad Udine, Tullio Palumbo alla chitarra, Pino Fontanarosa alla batteria, Edoardo Zanmarchi al piano elettrico, Carlo Moser al pianoforte, e poi ancora, Paolo Bassi, Livio Presiren, e Lucio Battich. Tutti nomi di musicisti locali.

Promoter del gruppo ritroviamo Edy Kanzian che molto si adoperava per farci suonare in ogni luogo. Le prove avvenivano in umide cantine, in freddi garage condominiali, o nei grandi spazi dei capannoni/hangar della struttura portuale più precisamente nel Silos del Porto vecchio di Trieste, (una sorta di Loft) dove, pochi anni prima, erano stati ospitati temporaneamente i profughi istriani, e che, specie d'inverno, la freddissima Bora riusciva a filtrare nonostante questi spazi venissero attrezzati con vecchi materassi alle pareti. Si provava anche in un'officina meccanica messa a disposizione da un parente di uno dei musicisti, dopo l'orario di chiusura degli uffici, quando gli addetti alla gestione dell'officina chiudevano e si aveva a disposizione tutta l'area. Che bel suono usciva dalla tromba, sfruttando il riverbero naturale nel bel mezzo del garage vuoto senza bisogno di amplificazione! Da casa mia partivo su una Vespa verde acqua, ereditata da mio zio Mario, che recalcitrava ad affrontare l'erta del Belvedere, nel rione di Scorcola, in cima alla quale si trovava il "posto prove" (sì proprio quell'erta in cui Zeno, nella celebre opera di Svevo, vedendo il cognato disteso spavaldo sul muricciolo, è tentato di dargli una spintarella!). In questi posti e con quei musicisti ho fatto le mie prime esperienze di free jazz ma anche di jazz/Rock.

A Milano
Trieste e il suo ambiente musicale mi stava stretto. Tromba sotto braccio parto per Milano, come altri artisti triestini della mia generazione. Trovo una sistemazione a Cassina De'Pecchi, sul Naviglio della Martesana, un paese alle porte di Milano collegato con la Metropolitana.

La passione per la musica mi ha, sin da allora consentito di affiancare, terminati gli studi, il lavoro di ufficio con l'attività musicale. L'impatto con la metropoli lombarda è forte ma la musica e l'incontro con nuovi musicisti, mi aiuta ad adattarmi al diversissimo ambiente.
Perfeziono i miei studi alla Nuova Milano Musica con Sergio Fanni, noto trombettista dell'Orchestra Rai e con Luciano Biasutti. Studio armonia con Paolo Tomelleri.
Frequento il Corso di Jazz tenuto dal maestro Giorgio Gaslini presso il Conservatorio G. Verdi di Milano e faccio parte della Grande orchestra degli allievi del Corso. E' il 1978.
Un anno prima partecipo ad un seminario di Studio a San Marcello Pistoiese con Evan Parker e Andrea Centazzo.
Studio tanto, con musicisti affermati ed esperti, cerco di recuperare quello che a Trieste non avevo potuto fare.
Suono per quattro anni nella sezione trombe di due orchestre jazz (Enos Patracchini e Roberto Meroni) e partecipo con queste a numerosi concerti in Lombardia e contemporaneamente divento socio dell'AMARC (Associazione Musicisti Alla Ricerca della Creatività) e con il batterista Enrico Del Piano formiamo un Duo (tromba e percussione) sulle orme dei nostri idoli del momento, Lester Bowie e l'Art Ensemble of Chicago. Pochi anni dopo decidiamo di allargare la formazione, e nasce così il "Jazz Quatter Quartet", con l'aggiunta di Marco Lasagna, saxofonista e compositore di musica contemporanea, e il fratello di Enrico, Roberto Del Piano, bassista che militava anche nel "Idea Trio" di Gaetano Liguori. Il nostro era un quartetto di matrice free, documentato dal nostro primo disco "Ali", pubblicato per l'etichetta Bull Records e presentato dall'esordiente critico Maurizio Franco.

Engagé

Con questo gruppo, nato con il tentativo di trovare un linguaggio musicale comune derivante dall'esperienza dell'avanguardia storica jazzistica, porto la musica ad un pubblico giovanile sempre più vasto, nei luoghi più alternativi come scuole, ospedali psichiatrici, carceri minorili, biblioteche comunali, oltre ai locali "alternativi" che nascevano come funghi sui Navigli a Milano, continuando la strada percorsa da un capostipite, Giorgio Gaslini, anche se questo orientamento non era nuovo per me dato che l'avevo perseguito, quando vivevo a Trieste, nei primi anni '70 con il mio gruppo triestino. Ricordo in particolare l'esperienza di grande umanità e di impegno sociale a fianco di Franco Basaglia precursore dell'apertura del manicomio di Trieste, apertura che poi si estese in tutt'Italia. Ricordo lo storico corteo degli ospiti dello psichiatrico per le vie di Trieste, fino su, sul colle a San Giusto, dietro a Marco Cavallo, culminato con la festa popolare. Marco Cavallo era un cavallo di cartapesta dipinto di azzurro, realizzato nel "laboratorio arcobaleno" all'interno dell'ospedale da un'idea di una vecchia ricoverata. Periodicamente, noi jazzisti triestini venivamo invitati a suonare nel Teatrino dell'ospedale anche con ospiti illustri come Ornette Coleman, ma anche con musicisti italiani famosi come Giorgio Gaslini, Andrea Centazzo ed altri ancora, con affluenza di pubblico che coabitava con i malati di mente. Un fatto emblematico, e veramente significativo, anche se allora a noi tutti aveva sollevato sorrisi di ilarità, ma poi meditando ci aveva fatto pensare: un cosidetto "matto" nella corsia di mezzo del teatro ad un certo punto di un nostro concerto, credendo di trovarsi sopra una barca a remi quindi seduto per terra, remando a vuoto come se fosse seduto su un canotto o un vogatore, si trascinava su e giù come se dovesse fare delle vasche di allenamento per un'ora completa senza smettere. Durante il concerto un'altra paziente invece (con la bava alla bocca) cercava disperatamente di salire sul palco, nonostante si cercasse di dissuaderla dal tentativo di bacciarmi! Era tutto questo, il concetto di Franco Basaglia. Ricordo che durante un'assemblea, "Gallina" si chiamava, o era il suo soprannome, una giovane malata, si butta per terra e comincia ad urlare, a far versi. Franco Basaglia intervenne dicendo soltanto: Adesso è lei che dobbiamo ascoltare. Tutti i partecipanti all'assemblea fecero silenzio finchè "Gallina" si calmò. Quella donna che urlava, in altri luoghi e in altri momenti sarebbe stata portata via, legata ...... Basaglia invece le aveva dato la dignità di esistere.

Ritorno alle origini
Dieci anni con il Jazz Quatter Quartet, anni intensi e poi l'idea di un nuovo gruppo. Proprio la lontananza da Trieste si rivela stimolo determinante per la rivendicazione della mia triestinità proposta anche attraverso lo studio, e in parte l'identificazione, con i personaggi mito della cultura della città: avendo assorbito dalla nascita quel particolare milieu letterario nascono mie composizioni su Svevo, Saba, Joyce (Joyce aveva vissuto molti anni a Trieste) e su fatti storici di estrema importanza. Ma soprattutto avevo la sensazione di dover far mio intellettualmente e musicalmente il mio mondo prenatale, il suo retroterra, dovevo, per capire Trieste, confrontarmi con ciò che le stava dietro, il suo passato asburgico, oltre che con la più recente storia (la Trieste del delirio patriottico dell'annessione all'Italia, la Trieste piena di inquietudini oniriche, in cui si innesta la psicanalisi di Freud, le migrazioni degli istriani e fiumani, l'esilio dei dalmati, i martiri delle Foibe sul Carso, la Risiera di San Sabba.....). E' il 1988 quando esce il mio primo disco come leader per l'etichetta Splasc(h) Records di Peppo Spagnoli, dove racconto in musica tutto questo. Ottengo subito un ampio e lusinghiero riscontro di critica. L'album "Trieste, ieri un secolo fa" presentato dallo scrittore triestino Fulvio Tomizza (vincitore del Premio Viareggio nel 1969 e dello Strega nel 1977) è inciso con un cast vocale e strumentale notevole: Arrigo Cappelletti al pianoforte e glockenspiel, Luca Bonvini e Angelo Contini ai tromboni, Emilio Soana ed il sottoscritto alla tromba, Marco Lasagna, Roberto Meroni, Claudio Pascoli, Marcello Noia ai saxofoni, Riccardo Luppi e Renato Rivolta ai flauti, Fiorenzo Gualandris al basso tuba, Roberto Della Grotta e Franco Feruglio al contrabbasso, Marco Volpe e Filippo Monico alla batteria e percussione, Bruno Astesana ai piatti sinfonici e la voce soprano di Diane Rama di estrazione classica. Alcuni arrangiamenti vengono curati dal pianista Roberto Favilla. Il disco viene inserito nel Top Ten del miglior LP di jazz italiano nel referendum indetto dalla rivista "Musica Jazz".

Niente male per un esordio.

Con Markus Stockhausen
Il gruppo prende corpo e suona in varie rassegne, anche all'estero a Zagabria (Croazia) ospite del jazz club di Bosko Petrovic.

L'anno successivo, sulla spinta di questo successo, collaboro con Markus Stockhausen, figlio del celebre Karlheinz, alla realizzazione di un progetto discografico che abbiamo denominato "MITTELEUROPA" (CD H 316-2 Splasc(h) Records). Noi tutti fummo colpiti dalla precisione del suo modo di procedere musicalmente (oltre all'accurata scelta tecnica delle posizioni microfoniche soprattutto del pianoforte); lavorare con lui è stato come contrapporre strutturalismi legati a Hindemith e alla Scuola di Vienna, a cui Markus ha risposto in maniera estremamente estetica con un discorso intuitivo. Da qui è avvenuta la commistione nelle varie interpretazioni dei temi, quasi che noi italiani fossimo calati meglio dentro la cultura tedesca di sua appartenenza. I titoli dei brani e la musica di questo progetto sono ispirati a un'opera letteraria di un altro triestino: Claudio Magris - scrittore, saggista di livello internazionale, che così si esprime al riguardo: "Sono veramente molto, molto lieto che il mio Danubio abbia potuto suggerirle o ispirarle quei brani pieni di poesia........." L'album viene recensito dalle maggiori riviste di musica e quotidiani in tutta Italia e non solo, ne parlano anche le riviste "Cadence" di New York, "Jazzthetik" di Muenster in Germania, "Jazz 360" di Sierre in Svizzera.

Giorgio Strehler mi scrive: "Ancora una volta ho avuto modo di apprezzare la Sua musica e il Suo talento....." e Giorgio Gaslini mi definisce come uno dei veri e pochi artisti italiani che si distinguono nell'area della Musica Totale, tra jazz, improvvisazione libera e musiche popolari mitteleuropee.

Grande, veramente grande soddisfazione per un piccolo musicista.

Con Moni Ovadia l'incontro con la musica Klezmer
Dal 1991 al 1993 collaboro con il "Centro di Ricerca Teatro - C.R.T. Artificio" di Milano nello spettacolo teatrale "Golem" di Moni Ovadia e Daniele Abbado. Sono tromba solista della "TheaterOrchestra" e con questa suono nei più importanti Teatri italiani: Petruzzelli di Bari (poco prima che venga incendiato), Comunale di Ferrara, Vittorio Emanuele di Messina, Metropolitan di Palermo, Filodrammatici di Milano, Teatro della Tosse di Genova ed altri ancora. Un soggiorno negli Stati Uniti (Teatro La Mama E.T.C. di New York), e una tournee europea a Berlino (Hebbel Theater), a Parigi (Teatro Renaud-Barrault), a Cracovia (Stary Teatr) completano questa esperienza con ben 54 rappresentazioni musico-teatrali.

Nel 1993 incido "LATITUDINE EST" (L.R. CD 0100 M.A.P.Records- Milano) un progetto di musica Klezmer in un ottica jazzistica. Chiedo a Giorgio Gaslini di presentarlo. Forse esagera un po'definendomi, nella presentazione, (riprendo dal testo originale): "un vero rappresentante di quella esigua schiera di autentici poeti-musici del nostro paese".

L'idea di portare nel jazz italiano questa musica etnica mi venne a Berlino, durante un concerto con la TheaterOrchestra, anche se la tipicità della storia dell'ebraismo triestino, punto di contatto e di passaggio tra il mondo Mediterraneo e la Mitteleuropa, mi ha da sempre fatto pensare che anche le musiche del repertorio sinagogale triestino fossero un caso particolare e per questo affascinante. Musica popolare (klezmer) e musica sinagogale, comunque musica ebraica. Seppi in seguito che negli Usa John Zorn e Don Byron avevano compiuto la mia stessa operazione. Infatti "Latitudine Est" uscì parallelamente ai progetti dei colleghi americani più famosi. Devo dire che anche questo progetto ha avuto un largo consenso di critica su tutta la stampa specializzata. Vengo intervistato dalla rivista "Ritmo" di Milano e dal mensile "Blu Jazz" di Roma. Mi vengono richiesti e pubblico alcuni saggi sulla musica klezmer su "Jazz", rivista di Roma, "Musica Jazz" di Milano, e su "Fare Musica", giusto per citarne le più significative. Enrico Vita sul mensile di Palermo "Jazz not jazz" definisce Latitudine Est "un avanguardistico progetto che fa meritare al brillante musicista triestino un posto ai vertici della scena creativa italiana". Maurizio Favot sulla rivista romana "Suono" scrive: "musica dal respiro a dir poco ampio: come entrare in una grande grotta carsica, e scoprire che mille rivoli d'ogni provenienza hanno dato vita a forme straordinarie e suggestive.....", Gian Mario Maletto su "Mondo Economico" "è il contesto dell'operazione a essere affascinante, toccante, consigliabile", Gerlando Gatto ancora sulla rivista "Jazz": "il jazz è ormai giunto a livelli di maturità che nulla ha da invidiare agli altri Paesi europei, e ciò, sostanzialmente, sulla base di due parametri: la preparazione tecnica dei musicisti e l'originalità delle loro proposte, un'originalità che fa dire, almeno di alcuni artisti: sono italiani, fanno questa musica perchè italiani e quindi la loro cifra stilistica è perfettamente riconoscibile. A quest'ultima, ad onor del vero non particolarmente nutrita schiera appartiene certamente un trombettista e compositore che meriterebbe assai maggiore attenzione: Mario Fragiacomo".

Ma oltre al Klezmer "Latitudine Est" racconta in musica la poesia di Carolus L. Cergoly, in dialetto triestino, vera koinè latino-germanico-slava nella Trieste forgiata dall'incontro fra queste tre culture.

Centinaia di articoli e recensioni hanno accompagnato finora tutti i miei progetti, tutti positivi e ciò mi aiuta a continuare su questa strada.

Sono tromba solista nella colonna sonora del film "Senza pelle" di Alessandro D'Alatri, composta da Alfredo Lacosegliaz, con gli attori del calibro di Kim Rossi Stuart, Anna Galiena, Massimo Ghini (Selezione Festival di Cannes 1994) e partecipo a molteplici altre produzioni discografiche.

Sono finalista alla "VI Rassegna Jazz Nazionale di Gruppi Emergenti" a Forlì e sono stato invitato a suonare, nell'estate 1995, al Festival Internazionale di Vignola con la G.O.N. (Grande Orchestra Nazionale di jazz) diretta da Bruno Tommaso e l'anno successivo partecipo allo stesso festival con il mio gruppo.

Balkan project
Il mio ultimo progetto, "BALKAN PROJECTS", che finora ha avuto due rappresentazioni teatrali, a Cremona per il Teatro Ponchielli, e a Villadossola al Teatro "La Fabbrica", richiede un pesante impegno per l'allestimento ed è uno spettacolo che prevede la voce recitante di Ottavia Piccolo, le poesie di Abdulah Sidran, poeta di spicco di Sarajevo, musicate da me, e da due colonne della Mitteleuropa Ensemble: il m° Roberto Favilla, e il grande contrabbassista Roberto Della Grotta. L'esecuzione musicale affidata al mio Ensemble e alla Kocani Orkestar, la band balcanica diventata popolare grazie alla colonna sonora del film "Underground" di Emir Kusturica, specializzata nelle esecuzioni di melodie gitane della terra macedone.

Scoprii Abdulah Sidran nel '94, per caso mi capitarono tra le mani alcune traduzioni dattiloscritte dal bosniaco di alcune poesie nate durante la recente guerra nell'ex Jugoslavia. Fui subito colpito dalla forza espressiva di quelle poche righe di poesie che mi avevano fatto avere alcuni amici, per cui avvertii subito l'esigenza di documentarmi su questo straordinario personaggio. Scoprii in seguito che aveva scritto il soggetto e le sceneggiature per i film di Emir Kusturica "Ti ricordi di Dolly Bell?" e di "Papà è in viaggio d'affari" rispettivamente premiati al Festival di Venezia e di Cannes. Solo l'anno dopo fu edito in Italia un suo libro di poesie con testo a fronte, curata da Piero Del Giudice.

Balkan Project è un progetto che oggi viene definito pluridisciplinare perchè abbiamo utilizzato i versi poetici come spunto, affidato parti di testo alla voce recitante, e lasciato che la suggestione letteraria influenzasse la scrittura musicale. In sostanza l'elemento letterario è fondamentale per quest'operazione che interagisce con la musica. Sono nati brani musicali con i titoli di alcune poesie di Sidran come: "Pianeta Sarajevo, Lo stiramento della ragione, Prendendo ossa e carne, Perchè affonda Venezia, Decembrina, Quelli che transitano, Poesia al femminile, Nota su un miracolo", tanti piccoli quadri che presentano luoghi, sensazioni e stati d'animo sulla guerra a Sarajevo. Purtroppo però non riesco a trovare un editore per la pubblicazione dell'opera. Forse, mi son chiesto, Sarajevo non interessa più, non è più di moda.

Frammenti e Franziska
L'ultimo progetto nato invece è "FRAMMENTI", album del 1999 inciso per la Iktius di Carlo Tedeschi e presentato da Luigi Guicciardi. Hanno partecipato all'opera il soprano di origine Basca Olatz Gorrotxategi, il trombonista Luca Bonvini, il contrabbassista Roberto Della Grotta, il pianista Roberto Favilla e il percussionista Filippo Monico, in pratica gli attuali componenti della Mitteleuropa Ensemble. Abbiamo voluto premiare lo spirito di gruppo: dieci anni insieme. Un record per un gruppo italiano e per l'occasione ognuno ha composto un brano. Nessun leader, ma tutti per uno e uno per tutti.

Il risultato, un insieme variegato di timbri e sonorità imprevedibili, dove aleggiano melodie diverse e forme non convenzionali di jazz, ma soprattutto un impegno compositivo di tutti. Musicisti veri, autentici autori-interpreti. Guarda caso, sul sito Internet "Vitaminic"(dove si possono scaricare brani in formato MP3) uno di questi brani da sei mesi è in classifica nel Top Download, con migliaia di scarichi.

"Franziska" non ci crederebbe!


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