LA FORESTA DEGLI ABETI CHE FERMARONO LE LACRIME
(seconda parte)

Fiaba di Cristina Bertazzini
inviateci dagli amici del Gruppo Entasis di Torino

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Quelle parole arrivarono alle orecchie di lei, e ruppero il silenzio, ruppero il pianto. Subito si strofinò gli occhi e con il mantello tentò di asciugarli. Poi, forse, rincuorata nell'aver trovato qualcuno con cui parlare delle sue pene, si rivolse ansiosa al ragno: "Le chiedo scusa signor ragno, ma questo sentiero lo percorro ogni giorno, eppure non avevo mai visto che la sua tela fosse proprio lì"

"Questo, mia cara, le accade perché lei non sa osservare bene la foresta!" le rispose rimbeccandola il ragno.

"Cosa vorrebbe dire signor ragno? Forse lei si sbaglia, io conosco molto bene la foresta. Conosco gli abeti, il fiume, la neve ci vengo ogni giorno e mi sembra di consolarmi un po' qui".

Ma il ragno insistette: "Lo sa, mia cara, lei crede di conoscere tutto, ma lei vede soltanto le cose più visibili, quelle più grandiose, quelle più verdi, quelle più odorose, quelle più sonore, mentre la mia tela é quasi invisibile, inodore, incolore facilmente distruttibile da una lacrima troppo pesante".

La fanciulla si sentì rimproverata, e le sembrò quasi ingiusto.

Non riusciva a comprendere fino in fondo le parole del ragno poiché in lei non vedeva alcuna colpa tanto era imponente il male che la premeva. Così riprese ancor più ansiosa di un conforto: "Signor ragno la prego mi dica lei, invece, perché il mio pianto non si ferma. Perché, vorrei seguire il fiume e mangiare la neve per diventare come loro, e perché a volte non vorrei più tornare indietro al paese".

"Il suo pianto io l'ho ascoltato e lo conosco già da molto tempo. Il suo pianto non si fermerà mai se continuerà a voler seguire il fiume fino a valle. Mia cara, lei vuole risposte troppo grandi e ancora non sa che nella foresta esiste anche la mia ragnatela, e ignora del tutto a che cosa essa possa servire e come faccia a costruirla".

"E' vero signor ragno, come fa a costruire la sua tela? Non me lo ero mai chiesta!" domandò la fanciulla osservando quell'opera perfetta e paziente che sembrava un merletto fino uscito dalle mani di una ricamatrice.

"Il suo pianto non é inconsolabile, non é irreparabile. Ma potrà soltanto cessare nel momento in cui lei capirà che la sua strada non é sicura come quella degli abeti, certa come quella del fiume, o come quella dell'aria. Loro hanno vissuto millenni per conoscere una strada così perfetta, e lei che non ha vissuto che venti anni e sette lune, non può sperare in una via così semplice, con un solco così ben tracciato. Mia cara lei deve aspirare alle cose grandi e giuste che ha viste, ma deve cominciare dalla mia piccola tela di ragno che ha dei segreti che ancora lei non conosce, e un giorno potrà buttare il suo cuore nel fiume perché avrà imparato a galleggiare fino a valle."

"Ma signor ragno mi dica un'ultima cosa, la prego. E... l'amore incerto che ho per l'Anima influente, quello che ha aperto il mio pianto trascinando con se tutte le cose?"

A quella domanda il ragno stette zitto qualche attimo, si ritirò nella sua foglia accartocciata, poi riuscì fuori come per dire le ultime cose che era disposto a dire: "L'amore é una cosa molto strana, la più complicata di tutte e io potrei deludere la tua domanda ambiziosa dicendole che io, in fondo, so fare bene soltanto le ragnatele. Ma voglio dirle qualcosa di più

L'amore per quelle Anime influenti che ci catturano e ci fanno volare e forse anche un po' impazzire, é un amore che scegliamo noi stessi, quello che forse ci emoziona di più, quello che ci fa credere grandi e potenti, belli e unici. Ma noi, ci conosciamo assai poco! E ciò che possiamo trovare é qualcosa di molto più nascosto e profondo, qualcosa di molto più sottile e inconoscibile che la proiezione grandiosa di noi stessi negli altri. Non so neanche dirle io, mia cara, se la nostra parte migliore e proprio quella che noi crediamo essere la migliore, e quindi, spesso non sapendo guardare neanche in noi stessi ci sbagliamo tanto nel guardare gli altri. Ma la via, mia cara, che deve seguire é una sola, e io gliel'ho mostrata.

Deve cominciare a scoprire le cose che già; erano sul suo sentiero di gioia e di dolore, ma che lei non aveva mai viste prima".

E con queste parole il ragno si ritirò nel suo nascondiglio e il tremolio della tela fece cadere la goccia di pianto che si dileguò nel terreno sottostante. La fanciulla si riavvolse nel suo mantello, e colmato ora il suo cuore da qualcosa di dolce e di caloroso come un libro sapiente, fece correre i suoi piedini veloci sulla via del ritorno. Nella foresta sarebbe di nuovo tornata, certo non più a piangere, né a rivolgere le sue domande agli abeti muti, né all'aria gelida, né al fiume imperterrito, ma soltanto a se stessa. .


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