La ricerca del benessere quale tensione alla distanza minima

 



 
   


Il fine principale del discorso sulla vecchiaia sviluppato da Tramma sembra essere la ricerca del benessere, concetto ampio e complesso che non implica solo assenza di malattia o di disagi di tipo sociale. Il benessere non è riducibile “a un insieme di componenti materiali ed economiciste, più o meno importanti e più o meno oggettivamente misurabili”, ma nemmeno lo si può definire come uno stato d’animo; sicuramente comprende tutte queste cose, ma le supera ampiamente. Il benessere è qualcosa di dinamico, perché è uno stato in movimento, mutevole, incerto, temporaneo, ma soprattutto è “soggettivo, risiede all’interno dell’esperienza individuale e non comprende situazioni obiettive che possono influenzarlo ma non ne fanno parte, include indicatori positivi (non è solo l’assenza di fattori negativi che determina la soddisfazione), consiste in una stima globale dei diversi aspetti della vita di una persona” . “Il benessere è considerabile come l’assenza di distanza, o meglio, come la distanza minima tollerabile tra ciò che il soggetto è, come si percepisce, e ciò che vorrebbe essere” . Per ridurre tale distanza è necessario adottare una strategia che, come fa notare l’autore, nel caso degli anziani non è soltanto quella di “ridurre le aspirazioni o rassegnarsi ad uno stato di fatto”. Il benessere per l’intero corso della vita può essere “frutto di un’opposizione alla rassegnazione”, così come “figlio del cambiamento” o “della compensazione obbligata”. È il continuo gioco tra queste dinamiche che rende possibile il benessere.
Su questa linea si può collocare il pensiero provocatorio di Amery J. sulla vecchiaia, espresso in “Rivolta e rassegnazione”, e pubblicato per la prima volta nel 1968 . Il testo è provocatorio perché impedisce qualsiasi semplificazione interessata sull’argomento e costringe invece a pensare. La visione di Amery sulla vecchiaia è riconducibile alla pena e al tormento senza possibilità consolatorie. Il vecchio di Amery è la persona che agli occhi del mondo non ha più un futuro, non più potenzialità. L’autore è estraneo ad ogni discorso emancipatorio rispetto all’invecchiamento, ma per assurdo la sua unica possibilità di invecchiare in maniera decorosa resta quella di ribellarsi all’annientamento che è costretto invece ad accettare. La ribellione è accettazione di una realtà irrefutabile, è il rifiuto di cercare rifugio nella consolazione come realtà falsa e ingannevole.
Il benessere qui rappresentato è stato definito come frutto di dinamiche soggettive, le quali però inevitabilmente coinvolgono la collettività. Basta pensare alle conseguenze concrete di una strategia che assume il cambiamento quale motore di azione e progettazione. Se mi guardo attorno nella mia città, come in tutte le città, incontro iniziative coraggiose di persone che sono partite col desiderio di cambiare, per affrontare con maggior competenza una situazione di disagio. Cito per esempio l’associazione “de Banfield”, sorta per supportare le famiglie che assistono in casa anziani non autosufficienti, ha avuto l’incipit in seguito all’esperienza sofferta di un anziano che voleva rimanere nella sua famiglia, esperienza che ha fatto emergere una carenza della società, e ha suscitato il desiderio di dare un contributo personale per porvi rimedio. Questo è uno degli innumerevoli esempi che si possano fare.
Colgo qui un collegamento interessante al discorso fatto riguardo all’opera di Simone de Beauvoir, in particolare sulla seconda parte dove l’autrice analizza la percezione individuale del sopraggiungere della vecchiaia. A mio avviso ogni percorso che punta alla ricerca del benessere parte da una riflessione sulla propria condizione, da una coscientizzazione magari dolorosa, come alcuni esempi citati dalla de Beauvoir dimostrano, e dall’accettazione di tutto ciò, accettazione che non significa rassegnazione passiva. Se la noia, la solitudine sono vissute come profondo disagio, l’assumerli quali esperienza quotidiana può stimolare il desiderio del cambiamento. Solo a questo punto la persona sarà in grado di aderire alla proposta proveniente dall’esterno, e perché no?, da un educatore.