CIBO E ...DINTORNI: LE SARDE OTTOMANE

Flavio e Carla Birri

Come la diplomazia della Serenissima volgeva a Levante così la cucina veneziana non poteva rimanere estranea agli influssi orientali. Le stive delle cocche che solcavano il Mediterraneo traboccavano di aromi e droghe che portavano ai veneziani non solo ricchezza ma anche gusti nuovi che si imponevano per la loro esoticità.

Se nel resto dell'Europa le spezie furono spesso utilizzate per conservare i cibi più che per modificarne il sapore, la cucina veneziana accolse alcuni principi alimentari levantini facendoli propri e creando pietanze nuove: è il caso del "saor" che risulta essere un esempio di equilibrio fra dolce, agro, e salato.

Le "sarde o sardele in saor" sono il piatto che meglio interpreta questo abbinamento: il pesce adagiato in un letto di cipolle viene esaltato dal sapore agro dell' aceto e stemperato nel dolce dei pinoli e dell'uvetta passa. Questa antica ricetta, elaborata ma non difficile, permetteva la conservazione del pesce cucinato per diversi giorni, cosa non da poco in tempi in cui non esisteva il cibo in scatola e la refrigerazione. Le sarde o sardele (sardine) erano e sono tra i pesci più popolari e diffusi e in questo periodo si trovano a buon mercato e con le carni della giusta consistenza.

Un piatto così storico ha un antesignano illustre, è il Cisame de pesse dove per Cisame si intende una salsa in agrodolce; la ricetta che diamo è tratta da un libro di cucina scritto da un anonimo veneziano nel Trecento: Toy lo pesse e frigello, toy zevolle e tagliale menude, po' frizelle ben, poy toli aceto et aqua e mandole monde intriegi, et uva passa, e specie forte, e un pocho de miele, e fa bolire ogni cossa insema e metti sopra lo pesse.

Miele, mandorle e spezie forti, vale a dire chiodi di garofano, cannella e coriandolo, scompaiono nei secoli successivi, tanto che nel Settecento Carlo Goldoni, grande testimone di una Venezia popolare e quotidiana, nella commedia Le donne de casa soa dà una ricetta delle "sarde in saor" del tutto simile a quella che noi gustiamo ancor oggi: far appassire in abbondante olio d'oliva un quantitativo di cipolla bianca, tagliata sottilissima, pari alla metà del peso del pesce (1kg ).

Quando diventa morbida e d'un bel colore biondo si aggiunge mezzo litro di aceto bianco e un quarto di vino bianco secco, dei pinoli (40 gr) e dell'uvetta (40 gr) di Corinto.

Questa si può acquistare presso alimentaristi ben forniti, rispetto all' uva passa è meno dolce, ha la forma di bacca di color nero e va ammorbidita per qualche minuto nel vino. In una terrina di coccio si sistema uno strato di "sardele" infarinate e fritte e si copre con il "saor" procedendo a strati. Le sarde così fatte vanno conservate in un luogo fresco e mangiate dopo uno due giorni. Saranno più buone .

Pubblicato sul "Gazzettino" edizione di Venezia, rubrica CIBO E ...DINTORNI il 23 giugno `97


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